martedì 28 gennaio 2020

Ogni maledetta domenica.



Domenica 26 gennaio, sono davanti alla televisione, al bar, come si faceva una volta, quando non ci si poteva permettere una tv o un abbonamento, in attesa del posticipo, assieme ai soliti amici. Per far passare quei minuti che mancano al fischio d'inizio, apro Twitter e la prima cosa che leggo è che Kobe Bryant è morto in un incidente insieme alla figlia Gianna e altre 7 persone. È un pugno nello stomaco. È come uno schiaffo al buio, ti sorprende, non te lo aspetti, e ti fa male. Non mi capacito. Mi sembra sia morto uno di famiglia. Altre volte, per morti “eccellenti”, non ho provato tutta questa sensazione di smarrimento, non ero pronto a perdere Black Mamba, nessuno lo era. Poi, una volta tornato a casa, mi metto davanti alla televisione, ovviamente ne parlano tutti, e io sono ancora stordito, incredulo, spiazzato, senza riparo.
Non so perché ma questa tragedia mi ha fatto pensare al destino di tanti sportivi che hanno concluso la loro vita di domenica. Per alcuni è stato proprio a causa della loro attività, per altri, come per Kobe, il caso, bastardo. 
E allora non sono riuscito a non immaginare che proprio la domenica, come ci hanno insegnato al catechismo, Dio, dopo aver creato il mondo, si riposò. Siccome io non sono credente, mi sono stupito di aver fatto questo ragionamento, ma ancora di più, di essere andato oltre, di aver immaginato Dio che dalla creazione in poi, alla domenica, sonnecchi, si rigiri nel suo letto, immagino divino, per rifarsi delle fatiche settimanali e si distragga dalle miserie umane proprio quel settimo giorno, e ci lasci sguarniti di quelli che un tempo chiamavano beniamini ma che in realtà erano i nostri eroi; chiuda gli occhi e permetta che un destino crudele ci porti via Renato Curi, Renzo Pasolini, Otello Buscherini, Emiliano Sala, Gigi Meroni, Daijiro Kato, Marco Simoncelli, Giuliano Taccola, Lorenzo Bandini, Davide Astori, Ayrton Senna e Kobe Bryant. Questi sono quelli di cui ho memoria, quelli che mi ricordano quelle giornate senza custode, senza qualcuno che guardi loro le spalle e che consenta che le loro vite si perdano per un sonnellino, ogni maledetta domenica.