giovedì 1 luglio 2021

Caterina e la destra


 

Aveva sentito la mamma parlare con zia Lucia; parlavano sottovoce, ma Caterina, da sotto il tavolo, aveva capito alcune parole: Battistini, tedeschi, scarpe, gente, finestre, vetri rotti, portone. La mamma aveva poi aperto uno sportello della credenza e aveva tirato fuori una cosa. Caterina dalla sua postazione d’ascolto non riuscì a vedere di cosa si trattasse, ma udì solo la zia dire sinistra. 

Poi era entrato il nonno e le due donne si erano interrotte e la mamma aveva richiuso lo sportello. 

La bambina aveva capito che non volevano farsi sentire da nessuno. 

Un discorso da grandi. Ma anche il nonno era grande quindi, forse, era un discorso da donne. 

Caterina avrebbe voluto partecipare, la sua curiosità di signorina di otto anni le esplodeva dentro, ma non si fece vedere e sgattaiolò nell’altra stanza. A letto, la sera, ripensò a quelle parole rubate nel pomeriggio. Sapeva anche, suo malgrado, che mamma e zia parlavano dei soldati tedeschi e della loro cattiveria. Si immerse ancora di più sotto le coperte, e si addormentò. 

La mattina seguente, mentre erano tutti fuori tranne il nonno, che russava rumorosamente nella sua stanza, la piccola investigatrice riccioluta arrivò allo sportello del mobile, e lo aprì.

Nascosta sotto alcuni stracci c’era una scarpa sinistra, marrone, impolverata, ma nuova. Se la rigirò nelle mani stando attenta che nessuno entrasse e la sorprendesse nell’esplorazione di quell’oggetto. Ebbe qualche minuto per studiarla, per fissarne la forma nella sua memoria. Riconobbe un tre e un otto sotto la suola. Si ricordò che sua madre, un giorno di un paio di anni prima, al mercato, mentre si provava delle scarpe, le guardava sempre sotto e leggeva ad alta voce dei numeri. Successivamente la donna spiegò alla figlia che si trattava della misura. Quindi la mamma portava un tre otto. Anche quell’informazione finì vicino a quelle di forma e colore. Rimise via la scarpa, chiuse lo sportello e andò a vestirsi.

Per un paio di giorni quella storia finì nel dimenticatoio, poi un pomeriggio, mentre camminava di fretta col nonno, vide gente che usciva da un cancello correndo inseguita da soldati con fucili e pistole. 

Chiese al nonno cosa stesse succedendo e lui le spiegò che era povera gente che andava in cerca di scarpe nella fabbrica dei Battistini, dopo che quei vigliacchi dei tedeschi avevano buttato giù il portone e tutte le finestre e si erano portati via un sacco di roba. Una volta a casa, davanti al camino, ipnotizzata dalle fiamme guizzanti tra la legna, mise insieme quasi inconsciamente tutti i pezzi della storia: la mamma era entrata in possesso di una scarpa sinistra che probabilmente veniva da quel capannone e con la zia, con la quale parlava sempre fitto e sottovoce, avrebbe cercato di trovare la destra. Ma col nonno aveva visto quei soldati e aveva capito che sarebbe stato difficile, per le due donne, entrare e cercare senza farsi scoprire. Decise in quel preciso momento che avrebbe trovato l’altra scarpa per la sua mamma. 

La mattina seguente era domenica. La maggior parte delle persone del suo quartiere erano a messa. Arrivò facilmente davanti a quel grande edificio con tutti vetri delle finestre rotti. Fece un giro lì attorno e non vide soldati. Riuscì ad entrare. 

Dentro sarebbe stato buio ma, fortunatamente, entrava parecchia luce. Si meravigliò di non avere paura di quell’ambiente sconosciuto, forse la sua missione le dava una buona dose di coraggio e il pensiero della faccia che avrebbe fatto la mamma, la spronò ancora di più. 

Non si rese conto di quanto tempo fosse passato, aveva fatto un sacco di giri tra le scatole ammassate, aveva guardato sotto pile di scarpe da donna gettate alla rinfusa sul pavimento. Poi la vide. 

Faceva capolino da dietro uno scaffale, in mezzo ad altri modelli. Riuscì ad afferrarla e la guardò attentamente. La confrontò col modello che aveva in testa e stabilì che, sì, era proprio lei, la destra. 

Era così eccitata dal suo piccolo grande tesoro che quasi si dimenticò di guardare i numeri sotto la suola. Quando questo pensiero le si affacciò, rimase col fiato sospeso. La sua parte emotiva e il pensiero della mamma le avevano fatto dimenticare il particolare dei numeri. Chiuse gli occhi, prese un gran respiro, e girò lentissimamente la scarpa. 

Poi pregando di essere ancora più fortunata li aprì piano piano e vide quei due segni stampati nel cuoio. Tre e otto, sarebbero stati, per lei, i numeri più belli del mondo. 

Per sempre.